Aggiornamento professionale dei lavoratori: il ruolo delle imprese e delle Università

Gianni De Falco*

 

Nello scenario di Villa dei Papi, in Benevento, il 21 marzo si è svolto un workshop su "Il ruolo delle Università nel Mezzogiorno a sostegno della formazione continua dei lavoratori" organizzato dall'Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori, protagoniste le Università (di Firenze, di Roma, di Napoli "L'Orientale", "Parthenope" e "II Università", del Sannio, di Salerno, di Foggia, di Lecce, di Catanzaro, di Reggio Calabria, di Catania, di Messina, di Palermo, della Basilicata, il consorzio CoInFo oltre all'ente bilaterale Obr Campania e all'Ires Campania).

La nostra partecipazione si collocava nell'ambito di proposte e riflessioni per la realizzazione di una "rete" di collaborazioni territoriali tra università ed altri soggetti. Man mano che si sviluppavano i lavori, con la presentazione di varie esperienze e proposte per lo sviluppo di una offerta di Lifelong learning orientata alle politiche formative degli adulti, andavo sempre più convincendomi che i lavori fossero permeati da una certa confusione con una discussione rituale, fortemente autoreferenziale con solo accenni ed "aperture", seppure confuse, al sistema della formazione ben poco coerenti con il tema.

La formazione da anni, ormai, ha trasformato, o per meglio dire, è stata costretta a trasformare il suo mandato. Sono stato testimone di questa trasformazione: fino alla metà degli anni '70 (in coincidenza con le ripercussioni della grande crisi energetica) le attività hanno contribuito a sostenere un sistema lavoro che ha proiettato l'Italia ai primi posti tra i Paesi più industrializzati al mondo, per numero, dimensione e qualità delle risorse; immediatamente dopo, in assenze di chiare scelte di politica industriale sui settori maturi da abbandonare o da "accompagnare" con politiche di riconversione o di scelte delle attività strategiche su cui investire, la formazione è diventata "altro" sostituendosi ad un welfare imperfetto: l'alternativa alle procedure di licenziamento o di messa in mobilità o in Cigs. Questa trasformazione, questo nuovo mandato, nella generalità dei casi, si è protratta nel tempo fino ai nostri giorni. In più, ed in peggio, la formazione professionale è diventata, per certi versi, un affare per chi la fa rispetto alla grande mole di finanziamenti comunitari. Oggi serve prevalentemente a sostenere il "sistema formazione" (società, agenzie, tutor, formatori…) non già imprese e lavoratori che, invece, dovrebbero formalmente usufruirne. Così sono spiegabili i dati sullo sviluppo e la ricchezza dei territori misurabili attraverso un progressivo ed inarrestabile (sembra) calo dei Pil totale e pro-capite (meno 20 per cento rispetto al Nord e meno 40 per cento rispetto ai Paesi dell'Unione) o la sempre più evidente incapacità di competere sui mercati internazionali delle nostre imprese.

Il rapporto Università – formazione dei lavoratori può realizzarsi soltanto attraverso una fattiva collaborazione tra Università ed imprese. Già, ma quali? Per restare in Campania il 92 per cento delle imprese sono dimensionalmente piccole e medie, e di esse ben l'85 per cento impegna, mediamente, 4 addetti. Ci troviamo di fronte un sistema che qualcuno definì "piccolo è bello", può anche darsi che in una dimensione economica "provincialmente" locale lo fosse ma in un sistema economico internazionale, o come oggi si usa dire "globale", il piccolo è piccolo e basta, incapace di impegnare capitali per il rinnovo delle tecnologie produttive, l'organizzazione del lavoro (non possono, per esempio, investire in formazione professionale!), il prodotto. La partecipazione a programmi di attività Università – Impresa restano affidati alla sensibilità ed alla buona volontà di alcuni docenti ed imprenditori non esistendo un "sistema" a supporto di questi processi né nelle Università, né nel tessuto imprenditoriale. Salvo casi sporadici: è l'eccezione che conferma la regola.

Quale interesse può venire dal lavoratore a partecipare ad attività formative per sostenere i suoi processi professionali se nel contesto lavorativo, in nessun modo (nè professionale né salariale), potrà vedersi riconosciuti i crediti acquisiti? Partecipare ad attività di formazione superiore significa ampliare, rafforzare e acquisire competenze, magari partecipando anche soltanto ad un modulo didattico. Ma per l'offerta formativa questo rappresenta un problema perché l'ordinamento e l'organizzazione universitaria non sempre è disponibile a certificare questi mini percorsi ed il sistema lavoro (le imprese) non intende procedere al riconoscimento di quello che si definirebbe "credito professionale". Alcuni docenti hanno fatto riferimento al mercato formativo locale, al sistema di imprese impegnate nelle attività di formazione (un centinaio in Basilicata, poco più di cinquecento in Campania) accennando ad una qualche preoccupazione per la concorrenza che queste potrebbero esercitare rispetto all'offerta dell'università. Questa affermazione mi ha fortemente preoccupato, ma allora l'università pensa di invadere il campo dell'attuale offerta formativa? Quella generalista e senza qualità che nulla ha prodotto sul territorio?

Io credo che non sia questo il piano del confronto, ho sempre pensato all'offerta formativa universitaria in termini di alta o altissima formazione non certo a quella scadente ed improduttiva offerta oggi dal settore, a meno che qualcuno non pensi di provvedere per altra via al recupero di quelle risorse progressivamente ridotte dal Governo. Ma questa, però, è un'altra storia…Vado convincendomi, inoltre, che in queste vicende le responsabilità sindacali siano sempre più evidenti. Manca, a mio parere, la capacità di contrattare efficacemente le politiche formative conservando una visione dello sviluppo piuttosto limitato non basato sulle competenze. Ho l'impressione che siano ancora in molti a pensare la contrattazione delle crescite professionali esclusivamente basate su antichi e, in molti casi superati, mansionari.

Un'ultima osservazione. Ai lavori era prevista la partecipazione dell'assessorato alle politiche del Lavoro e della Formazione della Regione Campania ed il Ministero della Università e della Ricerca scientifica, ambedue assenti. Anche questo ha un suo significato.

*direttore Ires Campania

IL DENARO del 28-04-2009 num. 081

Commenti formazione

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 30 visitatori online