Una testa un voto.

di Gianni De Falco, direttore Ires Campania.

 Confesso di avere avuto voglia di non votare. Confesso di averlo fatto alla “Montanelli”, turandomi il naso. Appartengo alla generazione dei baby boom, nati tra gli anni cinquanta e sessanta (cinquantasei, per la precisione), figlio di un padre socialista, prima militare e poi, dopo l’8 settembre del 1943, partigiano ‘rosso’ che ha combattuto per garantirmi la libertà e la democrazia.

Ecco. Ho votato per questa ragione, per esercitare quel diritto che mi è stato donato da lui e da tanti che hanno sacrificato la loro giovinezza per questo alto ideale.

Non è stato facile.

Oggi la politica segue un percorso perverso e fortemente autoreferenziale, incapace a rinnovare se stessa ed offrire prospettive di ‘governo’ per questo Paese. Basta guardare i programmi (o i proclami in assenza di questi) per capire che l’uno o l’altro alla fine pari sono.

Forse vince, veramente, chi non vota e che in questa maniera esprime pienamente il disagio di questo momento.

Apparentemente in Italia non vince nessuno. Mi spiego. Certo non voglio sottrarre ai risultati registrati la loro significatività ma vorrei inquadrare meglio la situazione.

Tutti affermano che la Lega è la vera vincitrice di queste elezioni, tuttavia anche la Lega perde qualche voto rispetto a tornate elettorali precedenti ma, nonostante ciò, si rappresenta come partito vero (“e unico in Italia”, Ilvo Diamanti) e comincia ad erodere il potere ‘rosso’ nelle regioni centrali. Il PdL “tiene” e avanza (?) perdendo circa due milioni di voti e il Pd tutto sommato, a detta dei politologi, non va così male anche se perde circa un milione di voti e quattro regioni!!! L’IdV, infine, si erge a baluardo dell’antiberlusconismo con Di Pietro senza, tuttavia, sfondare.

Insomma oggi governa non più chi vince ed avanza elettoralmente (cioè guadagnando voti) ma chi perde meno… non è un bell’esempio.

Ricordo di aver frequentato un corso di comunicazione politica a Salerno e di aver avuto una interessante esperienza didattica dalle lezioni di Stefano Draghi, per chi non ha la mia età ricordo che Draghi era l’esperto statistico-politico del Pci in grado di elaborare tendenze e volontà di voto anticipando, spesso anche con largo anticipo, il risultato percentuale del partito e, aggiungerei, senza mai sballare il risultato. Nulla a che vedere con le recenti fallimentari esperienze degli exit poll o le previsioni da molti annunciate (vero professor Mannheimer?) di una corsa ‘testa a testa’.

Ricordo il suo chiaro messaggio: «la politica si fa con le persone, con gli uomini e le donne, i giovani e gli anziani», insomma, come si diceva una volta ‘una testa vale un voto’. È da molto tempo che invece la politica conta, pro domo sua, soltanto la percentuale fino a che si accorgerà che l’altra percentuale, quella dell’astensione, sarà così tanto predominante da mortificare ogni cosa.

Quell’esperienza mi ha garantito la possibilità di analizzare i risultati elettorali in un’ottica del tutto diversa ed originale, politica (quella, per intenderci, di una testa un voto).

Già con la prima elezione di Bassolino a Sindaco di Napoli sottolineammo come l’allora partito Ds aveva accompagnato la vittoria elettorale ‘perdendo’ quarantamila elettori. Nelle elezioni successive, addirittura trionfali per Bassolino, il partito dei Ds accompagnò quelle elezioni perdendo altri quarantamila elettori.

A nulla valsero gli allarmi sollevati su questo stillicidio ‘a perdere’, fummo tacciati di essere ‘nemici del popolo’ e di quella pletora di oscuri burocrati di partito divenuto nuovo ceto politico (né capopopolo, né dirigente ma solo cavalier servente).

Fino a qualche anno fa in Campania Ds e Margherita raccoglievano insieme poco meno di un milione di voti e la sinistra del Prc e del Pdci insieme con i Verdi, Socialisti, Repubblicani e altri raccoglievano altri ottocentomila e più elettori, oggi i politologi (quelli che leggono solo le percentuali) parlano di ‘tenuta’ a fronte di una raccolta elettorale complessiva tra Pd e Idv e Federazione della Sinistra di circa un milione di voti… poco più della metà! Domanda: quando, ammesso che riescano a comprendere i fenomeni, parleranno di tracollo?

Il leader non serve più, l’effetto Bassolino non sarà ripetibile, anche l’effetto Berlusconi prima o poi scomparirà e allora sarà sempre più importante avere un corpo elettorale ‘vero’ a fronte di una ‘offerta politica’ vera e di un gruppo dirigente di partito ‘vero’.

Queste elezioni regionali ne sono un chiaro esempio. De Luca ‘perde’ le elezioni nonostante riesca a strappare molti più voti di quelli raccolti dalla coalizione che lo sosteneva (circa centomila) e Caldoro le vince nonostante prenda meno voti (circa trentamila) della coalizione che lo accompagnava, un candidato che ‘non tira’ ma che, tuttavia, vince.

Ma, a ben guardare, la vera ragione della sconfitta elettorale sta nella lettura dei maggiori indici dell’economia regionale nei quali la Campania occupa, nella straganza maggioranza di essi, l’ultimo posto superata anche dalla più povera Calabria e dalla Sicilia. Dieci anni fa non era così, la Campania era la regione guida e di riferimento per l’intero Mezzogiorno ed oggi ne è diventata la sua ‘palla al piede’ trascinando il meridione in parametri di povertà più marcati.

Fiumi di euro investiti nei processi formativi non hanno prodotto un posto di lavoro. La sanità è allo sfascio. L’incapacità a gestire il problema rifiuti ha consegnato la giunta Bassolino alla mercé del governo Berlusconi. La mancanza di una politica di sviluppo ha portato un intero popolo imprenditoriale alla questua. Stiamo parlando di quelle azioni, di quelle politiche, che avrebbero dovuto dare risposta alla richiesta di benessere e di sviluppo che ogni singolo cittadino (una testa un voto) reclamava e che oggi vengono richieste al centrodestra da circa settecentomila cittadini (quindi settecentomila teste e settecentomila voti) che hanno deciso di modificare la loro scelta politica, molti per convinzione qualcuno per trenta denari.

Sarà capace Caldoro, anch’egli oscuro burocrate e cavalier servente di partito, di dare risposte alle giustificate attese delle persone che lo hanno eletto? Riuscirà a rendersi indipendente da Cosentino e Landolfi che, come il gatto e la volpe, non lo hanno mai mollato per tutta la campagna elettorale? Riuscirà a non ripetere l’esperienza di ‘governo fantasma’ di cui è portatore il suo sodale Cesaro in Provincia di Napoli?

Bassolino e la sua giunta non sono riusciti nell’impresa. De Luca non è riuscito a convincere, se non in parte e certamente più lui che i partiti che lo sostenevano, a rappresentarsi come elemento di discontinuità con l’esperienza passata. D’altra parte basta guardare la composizione delle liste ed i risultati che ne sono venuti per rendersi conto di come un sistema autoreferenziale coltivi e sostenga esclusivamente se stesso e lasci per strada qualsiasi elemento di rinnovamento e fresca novità.

Il cittadino (per la politica vera una testa un voto) è avvertito e saprà decidere, in futuro, cosa fare.

www.notiziesindacali.com del 3 aprile 2010

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