Le sue città.

Gianni De Falco, direttore Ires Campania.

Il 21 gennaio scorso la saletta convegni della libreria Feltrinelli di Piazza dei Martiri era affollata, si presentavano, contestualmente, il libro di Vezio De Lucia “Le mie città. Mezzo secolo di urbanistica in Italia”, Diabasis editore, ed il numero della rivista “ItaliaNostra” dedicato interamente alla città di Napoli. De Lucia è urbanista e, al contempo, ambientalista impegnato da anni proprio con l’associazione Italia Nostra.

La presentazione del libro ha beneficiato della presenza di Guido Donatone, presidente della sezione napoletana  “Antonio Iannello” di Italia Nostra, di Roberto Giannì, già responsabile dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Napoli, di Gennaro Migliore, politico, di Nicola Caracciolo, giornalista e storico, moderatore il giornalista Luigi Vicinanza.

Non voglio aggiungere, con questo articolo, altre lodi alle tante che ho ascoltate nel corso della presentazione, ma vorrei prendere spunto da questa occasione per (ri)aprire una riflessione sull’urbanistica a Napoli.

Il libro di De Lucia offre un chiaro riferimento sui tempi e sui modi che decretarono la fine di quella esperienza e, più ampiamente, di quel “rinascimento napoletano” (da pag. 103 a seguire) che caratterizzò la prima metà del sindacato Bassolino nella città di Napoli. Prosegue con l’esperienza nefasta dell’Auditorium di Ravello (pag. 178) ancora oggi chiuso.

Che cosa è, dunque, oggi l’urbanistica? Cosa rimane della cultura urbanistica che si è imposta a Napoli proprio negli anni di De Lucia, o nelle azioni di tutela e di lotta alla speculazione di Italia Nostra (oggi), di Antonio Iannello (ieri) e di Amadeo Bordiga (ieri l’altro)?

Ho tentato, in numerosi precedenti articoli, di introdurre piccoli spunti di riflessione così in “La Zona Franca Urbana a Napoli: una scelta per lo sviluppo” tentai, anche con riferimenti ad altre esperienze europee e non, di inquadrare la possibilità di scelte coerenti, condivise e sostenibili per la definizione di un’area che potesse portare reali vantaggi alla città ed alla sua economia, in “Bagnoli e le visioni metropolitane” aprii una riflessione sulle trasformazioni suggerite per Bagnoli, proprio dalla Variante Generale di De Lucia, in una ottica di sviluppo metropolitano, in Il nuovo Piano Casa (ma la casa di chi?)” introdussi una riflessione sugli “strumenti” che dovrebbero regolare lo sviluppo del territorio e che, al contrario, agiscono nel verso opposto così pure in L’abusivismo e il rispetto delle regole” descrivevo di come l’abusivismo si giovasse della evasione delle regole e dei vincoli con il sostegno di improvvidi e colpevoli soggetti pronti a giustificare questi eventi, in “L’urbanistica dei promotori” sottolineavo la pericolosa assenza delle amministrazioni nel governo del territorio e l’avanzata di vari soggetti che si fanno artefici di “magnifici” progetti di trasformazione della città ben volentieri accolti dalla politica colpevolmente incapace di programmare e pianificare (o più probabilmente interessata a non farlo), Est! Est!! Est!!!” descrisse criticamente uno dei più recenti progetti di trasformazione urbana dell’area Est di Napoli (NaplEst) presentata da “privati” (i soliti) nel solco, precedentemente descritto, dell’urbanistica dei promotori e, per finire, Ravello: l’Auditorium e il giardino di Klingsor” evidenziò come un intervento in totale difformità con i piani e la legislazione vigente riescisse, grazie alla politica, alla collusione di vari intellettuali e perfino di associazioni ambientaliste, a violentare materialmente e spiritualmente un ambiente che avrebbe necessità di tutela.

Tornando, quindi, alle due domande mi sembra fin troppo evidente che, nella cosiddetta deregulation che domina la politica, esse trovino ampia risposta in ogni interstizio delle analisi e delle critiche proposte in questi anni.

Non c’è differenza politica, purtroppo. Per spiegarmi meglio, destra o sinistra pari sono: camaleontiche superfetazioni, oggi partito ambientalista e domani aggressivo partito del cemento, oggi partito della tutela e del divieto e domani partito del più bieco “lascia fare”, oggi partito della legalità e dell’abbattimento domani partito della speculazione e del magna magna.

L’urbanistica, a ben vedere, è l’unica scienza veramente assente nel governo e nella programmazione del territorio. Si naviga a vista.

Il libro di De Lucia è fin troppo chiaro, se a Napoli dopo grandi sforzi finalmente viene adottato il nuovo Piano e immediatamente dopo si lavora con certosina pazienza a “smontarlo” ci sono città, grandi città, come Roma, Milano, Firenze e Bologna dove “urbanistica” e “programmazione urbanistica” restano, e da ben quarant’anni, soltanto termini da ricercare in un vocabolario.

Gli scempi che Roma ha subito in ogni occasione di “grandi eventi” e le trasformazioni programmate a Milano per l’Expo (dalla “Milano da bere” alla “Milano da digerire”) rappresentano piccoli-grandi esempi.

Ma queste cose avvengono normalmente in piccoli e grandi comuni della penisola dove fantomatici “strumenti” urbanistici progettati da “geometri” comunali o da ingegneri e architetti “de noantri” hanno portato alla sistematica devastazione del “Bel Paese”.

In questo contesto può inquadrarsi anche il tentativo di rilettura, ovviamente in senso positivo, del ruolo che ebbe Lauro per lo sviluppo della città dimenticando a bella posta i risvolti irregolari ed illegali della sua politica urbanistica.

Si riscopre Lauro e si tace su Bordiga e Iannello, e, se vogliamo, sullo stesso De Lucia, sul ruolo che ebbero nel contrastarlo, anche duramente.

Il professore Giancarlo Alisio presidente della Commissione toponomastica del Comune di Napoli fino al 2005, certamente non classificabile come pericoloso comunista, soleva affermare, ogni qualvolta si proponeva di intitolare una via al Comandante, «dovranno passare sul mio cadavere!».

Nonostante ciò il “revisionismo” tenta di riproporre le figure dei grandi imprenditori, fatti politici, anche come grandi “urbanisti” degli ultimi cento anni.

La storia finisce con lo scempio di Posillipo ed il “Rione Lauro” a Napoli e con “Milano2” ed il residence “Olgettina”, che qualche maligno ha ribattezzato “O(r)gettina”, a Milano o con le “New Town” de L’Aquila. E certamente non è una bella storia.

E certamente, questa, non è urbanistica.

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