I bisogni fondamentali delle persone sono diritti di cittadinanza

Commento critico al libro verde del governo sul Welfare "La vita buona nella società attiva. Libro Verde sui futuro del modello sociale"
Relazione di Salvatore Esposito al Seminario nazionale del “Cantiere Welfare” svoltosi a Roma il 16 settembre 2008.

Un approccio metodologico corretto al documento proposto dal Ministro Sacconi richiede sia l’approfondimento delle specifiche proposte-domande inserite nei macrotemi del testo, sia una analisi generale della strategia istituzionale e finanziaria complessiva in cui il libro verde si inserisce.

Macro-riferimenti ideali ed istituzionali

Questo approccio è necessario proprio per evitare il rischio di disancorare le singole proposte di merito dal contesto macro-economico del Paese e di leggere il modello sociale, a volte aulico e ottimistico del documento, separato dal modello di sviluppo che, sotto-traccia, viene definito e sancito come la vera materia prima del confronto politico in atto.
Il primo rischio della lettura ed, assieme, la prima critica alla proposta del Ministro è proprio la pretesa neutralistica/efficientistica delle proposte di politiche sociali, sanitarie e del lavoro. Il quadro complessivo del documento risente, infatti, di questa doppiezza, che di seguito esamineremo nel merito.
La linea delle proposte è declinata sulla mera dichiarata efficienza tecnica, in un quadro, da un lato di privatizzazione dei sistemi di protezione sociale e salute pubblica e, dall’altro, di primaria compatibilità di politiche di bilancio piuttosto che di esigenze dei diritti delle persone.
Vi è, nella impostazione generale del documento, la scelta di privilegiare un modello sociale fondato sul consumo versus le compatibilità dello sviluppo sostenibile e dell’effettivo esercizio dei diritti di cittadinanza sancite dalle carte internazionali ed europee dell’Onu e dell'Unione Europea.
Innanzitutto il quadro generale del libro verde richiederebbe un lavoro di inchiesta generale sullo stato di fruizione dei diritti di cittadinanza sociali, sanitari e del lavoro, sanciti dalla Costituzione.
Come è possibile che nell’intero documento sia completamente ignorata, e mai una volta citata, la prima legge quadro del Paese sui diritti sociali, L.328/’00, che pure ha prodotto una straordinaria infrastrutturazione di servizi ed interventi che va monitorata, per le positività come per le criticità, nelle diverse realtà regionali del Paese.
Il libro verde del ministro dentro, diciamo così, la positiva consultazione democratica della proposta, mette tali e tanti macigni strutturali, impliciti e non dichiarati, di scelte finanziarie, di politiche fiscali, di riforme della organizzazione dello Stato e degli Enti Locali da costituire esso stesso, già, naturalmente, un  modello ben preciso di crescita dentro variabili produttive in-condizionabili e primarie, secondo logiche economicistiche ben precise, oltre ogni condivisibile elenco dichiarato di buone intenzioni.

Le questioni essenziali di sistema

Proviamo a declinare il ragionamento sulle singole proposte facendo anche riferimento a programmi costruttivi di confronto nel quadro di alcune questioni fondamentali di sistema inscindibili tra loro.

Le questioni essenziali di sistema sono le seguenti:

La questione sociale di un welfare pubblico e della salute dei cittadini, a responsabilità pubblica, per l’effettivo esercizio dei diritti di cittadinanza  versus la privatizzazione caritatevole e mercantile della gestione dei bisogni fondamentali Un punto di vista pubblico e di interesse generale del terzo settore.1

Il ministro Sacconi parla, ottimamente, nella prefazione, del complesso delle tutele e delle opportunità delle persone lungo l’intero ciclo di vita delineando un approccio molto operativo, centrato sul fare, e richiamando, in linea di principio, un modello di governance che garantisca la sostenibilità finanziaria (…) l’erogazione dei servizi in funzione di standard qualitativi e livelli essenziali delle prestazioni. Sui principi essenziali manca ogni necessario riferimento all’art. 3 della Costituzione («È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…») e ai LIVEAS, ripetutamente in discussione alla Conferenza Stato-Regioni e sanciti anche dall’art. 117 così come modificato dalle ultime leggi costituzionali.
La stessa fondamentale constatazione della "profonda lacerazione tra il Nord ed il Sud del Paesesulla spesa socio-assistenzialesi va dai 146 euro/abitante del Nord-Est ai 40 euro del Sud…" non produce, poi, nessuna conseguenza sulla programmazione politica strategica e nelle proposte del libro verde.
Purtroppo nel punto 1c degli obiettivi quantificabili i LIVEAS vengono trattati come un semplice SET di indicatori della vita buona e della società attiva senza alcun riferimento alla garanzia dei bisogni come diritti. Così come  nel capitolo 3 sulla sostenibilità e nella tabella fondi privati, ci si riferisce prioritariamente allo sviluppo del pilastro privato  per realizzare il collegamento fra sanitario e sociale.
Insomma appare evidente la logica strutturale del doppio binario che pone accanto al sistema di finanziamento pubblico, di derivazione fiscale progressiva, dei diritti fondamentali esigibili con criterio universalistico (la stessa qualità di servizio garantita per tutti), la logica privatistica dei servizi differenziati a seconda del bonus, reddito e assicurazione privata che puoi mettere assieme (servizi differenziati per reddito).
Sull’altare del superamento della contrapposizione ideologica stato/mercato si propone una gestione privatistica dei beni comuni e del capitale sociale umano, un abbassamento generalizzato della qualità dei servizi pubblici ed una sostanziale apertura alle logiche profit nel sistema di base dei servizi sociali. Un modello che stiamo già sperimentando con la scuola pubblica: disinvestimento nel personale e nella formazione, operazioni di facciata d’ordine (grembiule - voto condotta), promozione e garanzie per gli istituti privati, accentuazione del carattere di classe della formazione post-obbligo e post-universitaria. Quali e quanti ragazzi di famiglia monoreddito accedono ai costosissimi masters post-universitari ormai indispensabili per l’accesso al lavoro intellettuale?
Insomma una tardiva americanizzazione del sistema di protezione sociale pubblico, mentre proprio l’opinione pubblica americana lo contesta apertamente e milioni di bambini e di poveri ne pagano le conseguenze (esclusione dai servizi sanitari fondamentali e perdita di dignità rispetto ai diritti di cittadinanza). Pur affermando nel buon paragrafo b sulla Visione che il welfare non deve essere smantellato e che la spesa sociale non va tagliata (…) alla fine il complessivo ragionamento sulle compatibilità economiche e sulle scelte prioritarie rende il libro verde forse di buona visione ma di vista decisamente corta.

Rispetto alle singole proposte:
- non si può accettare la cancellazione, di fatto, della l.328/’00
- non si può rinunciare alla definizione dei LIVEAS universalistici
- non si possono accettare l’introduzione di logiche profit nel sistema degli interventi e servizi sociali
- non si può rinunciare alla scuola materna obbligatoria come strategia di universalistica di redistribuzione di opportunità e risorse
- si può condividere il ruolo fondamentale del medico di medicina generale
- si può condividere un modello di intervento socio-sanitario centrato sulla presa in carico delle disabilità gravi e degli anziani fragili attraverso il superamento della sanitarizzazione, e della sua spesa eccessiva, a vantaggio del to care e della presa in carico sociale delle persone
- si può condividere una attenzione selettiva alle strategie di presa in carico della fasce di popolazione 0-3 anni servizi socio-educativi per la prima infanzia.

Una seconda questione è quella del lavoro.

La questione del lavoro e della dignità delle persone versus la modernizzazione selvaggia  del capitale come finanziarizzazione dei processi industriali e gestione globalizzata della forza lavoro senza alcuna responsabilità sociale dell’impresa nel consumo insostenibile delle risorse del pianeta.
Il ministro Sacconi propone, nella tabella del libro verde sulle relazioni industriali, il superamento della cultura antagonista dei rapporti di produzione senza mettere in discussione i rapporti di forza, di potere e di democrazia che vi sono fra capitale e lavoro.
Molto amabilmente il Ministro si chiede: il sostegno alla bilateralità e alla partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa, comprese le forme di azionariato, non potrebbe rappresentare la soluzione più autorevole e credibile per avviare una alleanza tra impresa e lavoratori sui temi della crescita, dello sviluppo e della giustizia sociale?
Certo sarebbe interessante porre il problema alla Confindustria ed al governo proprio nel momento in cui si attaccano i contratti collettivi nazionali di lavoro e i diritti generali acquisiti e si propone il massimo della flessibilità oltre ogni livello minimo di sicurezza di salario e di dignità. Basta parlare con gli operatori del terzo settore per comprendere come il vissuto di precarietà e di instabilità abbassa la qualità delle prestazioni anche a svantaggio delle fasce deboli che vengono prese in carico. Operatori sociali fragili condividono il destino delle persone fragili nella mancanza di futuro di emancipazione e di autonomia.
I lavoratori del welfare, i lavoratori dei servizi pubblici e del terzo settore, i lavoratori dell’industria, i lavoratori della comunicazione devono parlarsi e mobilitarsi su un patto per il futuro.
Il superamento della cultura antagonista dei rapporti di produzione e un contesto di tipo collaborativo e partecipativo auspicati dal Ministro, nella tabella delle relazioni industriali, richiederebbero una condizione sociale di vita dei lavoratori assai differente da quella attuale. Le condizione di vita dei salariati, le espulsioni di massa dal ciclo produttivo con riconversioni senza responsabilità sociale, la fragilità del lavoro a progetto non sono variabili alla attenzione del governo e della confindustria.
Purtroppo queste condizioni di vita dei lavoratori vengono aggravate, oggi, dalla perdita di potere di acquisto e dalla mancanza di futuro sicuro. Le risorse per i diritti sono rese incompatibili con i principi di leggi finanziarie che eludono il tema della fiscalità progressiva e della sua evasione e che disinvestono nel capitale sociale del paese.
«Il diritto a dormire dell’operaio di Melfi e il contratto collettivo nazionale dei lavoratori di quella fabbrica sono strettamente connessi con il diritto all’assistenza sociale e ad una condizione di lavoro dignitosa degli operatori del terzo settore».2

Rispetto alle singole proposte:
- non si può accettare la sottovalutazione del reddito di inserimento o di una misura europea di reddito di cittadinanza come misura universalistica di contrasto alla povertà e strategia di inclusione. La stroncatura del ministro del RMI appare davvero ideologica e non tiene affatto conto delle molte ricerche sui risultati interessanti di quell’intervento sperimentale (mentre si propone l’inutile palliativo mediatico della cosi detta card sociale come strumento di contrasto alla povertà per categoria di cittadini);
- la contraddizione dell’incipit nella tabella sulle politiche di workfare appare, di per sé, assai significativa: Per incrementare drasticamente i tassi di occupazione regolare, (…) per creare maggiori e migliori posti di lavoro non serve piuttosto, e prima di tutto, una robusta semplificazione e de-regolazione delle regole di gestione dei rapporti di lavoro?3

Provi il ministro Sacconi a mettersi nel mercato attuale del lavoro, anche da parlamentare, per capire di persona come la flessibilità può distruggere rapidamente la speranza di futuro e la mancanza di regole certe può delegittimare la stessa cultura europea della dignità del cittadino lavoratore.
Vi è poi una terza questione di sistema nel libro verde, anche se meno approfondita delle prime due: la questione etica della trasparenza e della responsabilità verso il futuro e le nuove generazioni versus l’esercizio del potere come mero prevalere degli interessi forti.
Sacconi ed il suo governo propongono molto timidamente, nella parte finale del libro verde, di non far nominare dalla politica i direttori ASL. Anzi viene fatta una considerazione generale sulla separazione fra funzione di indirizzo politico e quella di gestione. Questa è una bella condivisibile intenzione.
Bisogna spiegare però perché, poi, si chiama il direttore della RAI anche per sistemare una velina. O si interviene anche per piazzare un/una infermiere con un Assessore regionale.
Ed ancora, più nel merito della funzione politica della rappresentanza, ma quale potere di controllo avranno i cittadini sulla classe politica con l’annullamento delle preferenze e la scelta, ormai costruita sul censo e sulle clientele, dei deputati e dei senatori attraverso la discrezionalità esclusiva di quattro segretari di partito.
Anche in questo caso il libro verde accenna ad idealità subito smentite dalla grandi scelte di tipo istituzionale e di sistema del governo Berlusconi.
Insomma il libro verde di Sacconi sulle questioni generali e sulle singole proposte appare come una apparente torta dolce che, ai primi assaggi, si rivela significativamente avvelenata.

Le proposte di sistema

È evidente che, al punto in cui siamo, come ragionamento e come analisi, la questione del welfare diventa grimaldello per scardinare l’attuale squilibrio della re-distribuzione di risorse che pesa sulla qualità della vita delle persone più fragili ed escluse delle nostre comunità.
Come si riesce a garantire un sistema di welfare di comunità centrato sui livelli essenziali di assistenza fissati dall’OMS e dalle Carte dei diritti universali dell’Uomo, in Europa e nel mondo?
Ed anche in questo campo, oltre il sogno e le visioni, oltre le rivoluzioni subito o niente, quale proposta autenticamente riformista?
La quota capitaria del sociale, ossia l’attribuzione di risorse finanziarie statali alle autonomie locali strettamente vincolate alle finalità dei servizi sociali e direttamente proporzionale al numero degli abitanti, come condizione strutturale dei sistemi di welfare locali e comunitari è una proposta universalistica indifferibile e una dinamica strutturale davvero innovativa di un moderno sistema attivo di protezione sociale.
Soprattutto nelle regioni del mezzogiorno, a forte tradizione clientelare-assistenziale, legare le risorse economiche direttamente al bisogno del cittadino, con relative verifiche di qualità dei servizi, risulta essere un’altra strada maestra dei processi di emancipazione ed autonomia delle persone e delle comunità.

Un modello di welfare di comunità, coerente con la tradizione dello stato sociale europeo, con i principi universalistici delle politiche pubbliche del nostro Paese e con i diritti di cittadinanza sanciti dalle Carte Internazionali dell’ONU e dell’OMS, si realizza garantendo il raggiungimento di 4 obiettivi generali strategici:
1 la definizione di risorse finanziarie adeguate, da calcolare per quota capitaria, per garantire i diritti di cittadinanza universali e i livelli essenziali di assistenza. La copertura finanziaria di questo welfare strutturale è certamente possibile sia riformulando le priorità dei capitoli della legge finanziaria4, sia attingendo dalla tassazione generale informata ai criteri di progressività (Cost., art. 53); questa strategia di finanziamento dei servizi sociali e socio-sanitari soddisfa, tra l’altro, anche i criteri dell’art. 117 e 119 della Costituzione ed è certamente compatibile con un autentico federalismo solidale
2 la determinazione, per normativa quadro nazionale e relativi dispositivi regionali, degli standard di risorse umane dedicate ai servizi sociali territoriali;
3 l’individuazione dell’Unità Territoriale di Base quale distretto territoriale omogeneo per la programmazione e l’attivazione delle politiche sociali, sanitarie, formative e del lavoro;
4. l’affermazione di strategie di personalizzazione dei programmi sociali, formativi e socio-sanitari (risorse per progetti sociosanitari e sociali individualizzati), non solo per compensare e contrastare i processi di esclusione delle fasce più fragili della popolazione, ma anche per garantire la qualità della vita e l’agio dei bambini, dei giovani e degli anziani. Un modello di welfare di comunità regionale, ispirato ai principi costituzionali dei bisogni fondamentali delle persone, garantiti come diritti universalistici attraverso i livelli essenziali, non minimi, di assistenza omogenei nel Paese ed in Europa.
L’affermazione dell’effettivo esercizio del diritto di cittadinanza attraverso la generalizzazione del vincolo giuridico (art.6 del TUE) della Carta dei diritti fondamentali di Nizza (2000), sancito nel trattato di Lisbona, per la costruzione dell’Europa sociale dei popoli.
Dobbiamo invertire le priorità culturali diffuse e porre in modo diverso la questione delle risorse necessarie per le politiche sociali: è il welfare che garantisce lo sviluppo sostenibile coniugato con la giustizia e la democrazia; non sono le ricchezze residuali dello sviluppo la condizione degli investimenti nello stato sociale.

Rispetto ad alcune priorità di programmi nazionali di sistema pensiamo, dunque, soprattutto a dieci proposte generali:
- inchiesta generale sulla applicazione della L.328/’00 e definizione della quota capitaria del sociale con indicatori ponderati nazionali e regionali (art. 117/119 della Costituzione);
-  definizione degli standard di risorse umane e dell’Ambito Territoriale del distretto, sanitario, formativo e del lavoro;
-  approvazione di un nuovo Piano Nazionale Interventi e Servizi Sociali, analogo al Piano Sanitario Nazionale, e definizione dei LIVEAS;
-  piano nazionale per la NON AUTOSUFFICIENZA (Progetti socio-sanitari individualizzati ed integrati territorialmente qualificati);
- piano nazionale per i Servizi Socio-educativi per la prima Infanzia;
- proposta di un programma nazionale  di natura universalistica di Reddito di cittadinanza;
- piano nazionale di sostegno alle donne e ai bambini migranti;
- programma nazionale di incentivi  e defiscalizzazione per le imprese non profit;
- scuola materna obbligatoria;
- strategia di concertazione e partecipazione sul sistema nazionale di welfare e sulla applicazione dei modelli regionali – Conferenza nazionale sul welfare.

© Officinae ECS Edizioni | Proprietà letteraria riservata | settembre 2008


1 S. Esposito, Resistenza e Cittadinanza, ed. Comunità 2006, Roma 2006, pag. 10-11.

2 S. Esposito, Resistenza … cit., p. 64.

3 La vita buona nella società attiva. Libro verde sul futuro del modello sociale, p.9.

4 cfr. “Spesa sociale e di guerra degli ultimi anni a confronto” in S. Esposito, Resistenza … cit. p. 22.

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