«Je suis Charlie» la riflessione critica: Marcelle Padovani.

 

“Je suis Ahmed”.

di Marcelle Padovani, Le Nouvel Observateur

 

marcelle-padovaniLa mia prima reazione, che come tutte le prime reazioni è forse la buona, è stata: “Sì, va bene “Je suis Charlie” in segno di condanna di un odioso massacro e di difesa della libertà di espressione, ma ci aggiungerei “Je suis Ahmed”, dal nome del poliziotto francese musulmano ucciso per mano di altri due francesi musulmani mentre difendeva le nostre libertà. E certamente quello che mi ha più colpita, il coraggio, l’abnegazione, la tragica simbologia di un figlio di immigrato che muore per difendere il suo Stato di adozione”.

 

Poi le mie riflessioni si sono arricchite di altre considerazioni legate alla tragica situazione in cui si trovano adesso le comunità musulmane anche quando sono relativamente integrate: costrette a condannare un’atto ovviamente condannabile ma fatto da giovani membri della loro comunità, e costrette pure a subire la diffidenza crescente e a volte l’aggressività di quei francesi di origine ormai tentati da un nuovo razzismo. Sì, la posizione più inconfortevole in Francia è oggi quella dei sei milioni di musulmani completamente spiazzati dal gesto di alcuni psicopatici che hanno provato a protestare contro la loro non completa integrazione con la scelta del terrorismo (che sia di ispirazione islamica fanatica non cambia niente al fatto che di terrorismo si tratta). Quante falsificazioni e quanti problemi veri, come si vede, e che non possono in alcun modo riassumersi in un banale e unilaterale  “Je suis Charlie”…

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