E' morto Ermanno Rea
Scrivo di Ermanno Rea e penso a Francesca Spada. Il romanzo (?) Mistero napoletano è stato quello che mi fece conoscere lo scrittore Rea e il suo desiderio di riconsegnare al ricordo di molti napoletani (e comunisti) quegli anni ’50 così difficili e, per certi versi, ambigui.
Ma Ermanno Rea fortunatamente l’ho conosciuto anche di persona al Circolo della Stampa nella Villa Comunale. Con lui ci intrattenemmo su alcuni suoi altri scritti e lentamente, sotto braccio e bastone alla mano, percorremmo i viali alberati della Villa. Parlammo della “Ferrovia” (Piazza Garibaldi e dintorni) del suo ambiente sottoproletario, della povertà e miseria (anche umana) che circondava la stazione ferroviaria in pieno centro cittadino, ma anche dell’umanità, della ricchezza umana dei derelitti che avevano riempito il suo libro: il naziskin Caracas e la sua donna Rosa eroinomane, le puttane della zona che accoglievano ed ospitavano l’umana miseria del luogo. E poi la Bagnoli della “Dismissione”, la lettura drammatica di quel che poi in realtà avvenne. Non fu dismesso solo l’impianto siderurgico ma una città. L’orgoglioso lavoro di Vincenzo Buonocore a contrasto con una classe dirigente locale incapace e stracciona.
Stava scrivendo su Guido Piegari e sulla sua epurazione dal PCI per volontà di Giorgio Amendola, sulla follia che lo colse e sulle manovre politiche e umane per isolarlo e colpirlo.
Piegari fu il fondatore del Gruppo Gramsci che rivendicava un’idea unitaria di nazione e ripudiava la visione salveminiana di Amendola tutta protesa alla costruzione di relazioni con potentati locali: una visione, quella di Amendola, dettata sia da ambizione di potere sia da realismo politico che aveva dalla sua parte la maggioranza del PCI napoletano, i cosiddetti miglioristi, tra questi Giorgio Napolitano.
La presa di posizione del Gruppo Gramsci faceva perno attorno alle letture di Gramsci di Piegari e dei suoi sodali, in particolare Enzo Oliveri e Gerardo Marotta. Furono tutti espulsi.
Ricordo che nell’occasione dei seminari organizzati con l’amico Nino Cavaliere sulla “Cultura europea nel Mezzogiorno” (Ires Campania e Istituto Santi con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica) proprio Gerardo Marotta ricostruì, con un interminabile contributo, la storia del Gruppo Gramsci e di chi lo fondò e sostenne.
Non si capirebbe il percorso di Rea se non si leggessero insieme, come un unico testo a più tomi: Mistero napoletano, La fabbrica dell’obbedienza, La comunista, Il caso Piegari. Storie private che divengono storia collettiva di una intera classe e di una generazione politica che avviava, forse già da allora, il suo decadente destino.
Gianni De Falco.