«Je suis Charlie» la riflessione critica: Achille Flora
Il simbolismo del terrore di Achille Flora, docente di Economia dello sviluppo presso la Seconda Università di Napoli ed Economia e politica dello sviluppo presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
Superato il primo shock provocato dall’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo, quello che rimane è il simbolismo di un attacco contro un santuario del mondo occidentale, la libertà di stampa e di opinione. Qualcuno ha detto che è l’11 settembre europeo e credo abbia ragione. Il terrorismo jihadista propone immagini simboliche che restano nel nostro immaginario, segue una spettacolarizzazione dell’orrore e dei conflitti attraverso cui diffondere insicurezza che nessuna potenza militare, economica o tecnologica può totalmente eliminare.
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«Je suis Charlie» la riflessione critica: Gianmarco Pisa
Caro Gianni, cari compagni dell'Archivio Storico della CGIL, grazie, anzitutto, per la comunicazione con la quale sollecitate riflessioni e dibattito e per l'articolazione delle motivazioni pubblicate sul sito, che collocano su un piano di lettura, problematico e corretto, la complessità e la portata della riflessione sulla tragedia parigina. E' una iniziativa meritoria, una delle prime, tra l'altro che, non accontentandosi della raccolta di opinioni, contributi e punti di vista sparsi, più o meno convergenti, prova a metterle a sistema, indicando un filo conduttore e avviando una traccia, necessariamente pluralistica, di ragionamento. Do' il mio piccolo contributo alla riflessione da voi "istruita", dal punto di vista di un operatore di pace, vale a dire di chi cerca di porsi costantemente a confronto con il problema della violenza (e della sua prevenzione) e del conflitto (e del suo trascendimento). A presto, un grazie e un abbraccio, Gianmarco Pisa
Una questione di uguaglianza e di reciprocità di Gianmarco Pisa, Operatori di Pace Campania associazione Onlus
Nella vicenda, complessa e tragica, dell'attacco alla redazione di Charlie Hebdo e della strage nel negozio Kosher ogni riduzionismo rischia di essere banale e, a fronte della complessità e della portata della tragedia, perfino pericoloso. Personalmente, non trovo appagante lo schema logico da molte, troppe, parti applicato alla vicenda: libertà di espressione (fino al vilipendio), reazione terroristica (fino alla strage), ripristino dei valori - con una risposta di massa - di “libertà” e “democrazia”. Lo trovo, semmai, rassicurante, come una giaculatoria buona per recuperare l'ordine smarrito e placare l'angoscia provocata dal caos: troppe analogie con quella stessa spirale guerra-terrorismo-guerra che vorremmo esorcizzare e troppo poco ascolto delle voci critiche, dissonanti, dissenzienti. «Je suis Charlie» la riflessione critica: Ernesto PaolozziLa libertà è a suo modo una religione. di Ernesto Paolozzi, docente di Storia della Filosofia Contemporanea presso l’Università Suor Orsola Benincasa
E’ probabile che il drammatico atto terroristico di Parigi che è costato la vita ad inermi giornalisti, sia stato perpetrato da giovani musulmani che poco hanno a che vedere con la religione dei loro padri e, in fondo, nemmeno con le aspirazioni di giustizia economica ed integrazione sociale dei tanti giovani immigrati in quello che chiamiamo mondo occidentale. E’ un atto irresponsabile, frutto, forse, di squilibrio mentale, di narcisismo spinto all’estremo limite. Ma, può sembrare un paradosso, ciò che conta di più, è il significato politico e morale che quell’evento genera in sé e per sé, nel nostro mondo come in quello, vastissimo e variegato, che si ispira ai valori religiosi del Corano.
«Je suis Charlie» la riflessione critica: Marcelle Padovani.“Je suis Ahmed”.di Marcelle Padovani, Le Nouvel Observateur
La mia prima reazione, che come tutte le prime reazioni è forse la buona, è stata: “Sì, va bene “Je suis Charlie” in segno di condanna di un odioso massacro e di difesa della libertà di espressione, ma ci aggiungerei “Je suis Ahmed”, dal nome del poliziotto francese musulmano ucciso per mano di altri due francesi musulmani mentre difendeva le nostre libertà. E certamente quello che mi ha più colpita, il coraggio, l’abnegazione, la tragica simbologia di un figlio di immigrato che muore per difendere il suo Stato di adozione”. |